mar 26 febbraio 2019 - ore 11:54

FA'AFAFINE: LA BELLEZZA DELLA DIVERSITA'



di Ida Barbalinardo

foto Alice Stella

Nella lingua di Samoa, il termine "Fa'afafine" definisce coloro i quali non si identificano pienamente in nessuno dei due generi, ma in un genere intermedio, fluido. In virtù della loro natura, queste persone non vengono assolutamente emarginate dalla società in cui vivono, ma, al contrario, godono di considerazione e rispetto. Se pensiamo questa realtà in relazione alla nostra bella Italia e ai dibattiti sul tema della sessualità emersi negli ultimi anni, il quadro che ne deriva risulta particolarmente avvilente: pregiudizio, moralismo, ignoranza dilagante, rifiuto della diversità. Specchio di questa mentalità è il percorso tortuoso che lo spettacolo di Giuliano Scarpinato, intitolato appunto "Fa'afafine", ha dovuto attraversare fin dai suoi primi passi. Tratto da "Il mio bellissimo arcobaleno" di Lori Duron, mamma di un bambino di genere “non conforme” e pensato per coinvolgere grandi e piccini nel racconto, ha subìto tentativi di boicottaggio e censura da parte di associazioni, partiti politici e genitori per nulla contenti all'idea che i loro figli potessero assistere alla sua messinscena. Sorge spontaneo chiedersi quale sia il pericolo tanto imminente ravvisato nei contenuti di questo spettacolo, considerando anche il fatto che gran parte di questa gente non ha neanche provato a vederlo. Le motivazioni addotte sono, come spesso accade in questi casi, pretestuose, infondate, ai limiti del complottismo e del bigottismo. "Fa'afafine" è ritratto come rappresentazione della cosiddetta "ideologia gender" che, a loro dire, mette in crisi i concetti prestabiliti di genere, di famiglia e di matrimonio, lasciando gli adolescenti senza alcun punto di riferimento oggettivo. Si individua nel lavoro di Scarpinato e di chi, come lui, affronta tali tematiche l'intento dichiarato di deviare l'identità sessuale e la stabilità psicoaffettiva degli spettatori più giovani: come se davvero uno spettacolo, un libro, un film potessero determinarle. L'argomentazione è quella di chi crede che tutto, perfino la sessualità, possa essere racchiuso in uno schema oltre i cui limiti è inammissibile spostarsi, negando al mondo una delle sue caratteristiche imprescindibili e più affascinanti: la diversità. Ogni accusa non fa altro che rivelare l'ignoranza di chi la pronuncia: un tipo di ignoranza che non è legata al numero di libri letti, ma alla sfera emotiva, all'incapacità di porsi in connessione con l'altro, di percepirne le emozioni e i bisogni. Un tipo di ignoranza che distorce il reale intento di questo spettacolo: concentrarsi, liberandosi dai pregiudizi e dalle presunte verità assolute, sulla necessità di guidare i ragazzi verso una libera ricerca della propria identità di genere, finalizzata esclusivamente al raggiungimento della loro felicità. Al centro della storia, interpretato da Michele Degirolamo, c'è Alex White: un gender creative child che nei giorni pari si sente maschio e nei giorni dispari femmina. Non abita a Samoa, ma lo vorrebbe tanto, perchè, nel posto in cui vive, non si sente nè accettato nè compreso. A occupare l'intera scena è la sua cameretta: un mondo senza confini geografici e strutturali, in cui Alex può trasformarsi ogni giorno in qualcosa di diverso; l'unico luogo in cui riesce a essere totalmente se stesso, a rifugiarsi dagli sfottò dei compagni di scuola e dai suoi genitori, ai quali non permette di entrare nella sua dimensione perchè teme che non capirebbero. Questo distacco dai familiari, esemplificato attraverso la proiezione della loro immagine intravista dalla serratura della camera, si palesa ulteriormente nel momento in cui Alex manifesta il desiderio di dichiarare il proprio amore a Elliot, suo compagno di scuola: per lui, Alex, vorrebbe essere tante cose insieme - bambino, bambina, ornitorinco, unicorno... - ma mamma Susan e papà Rob non riescono nè ad accettare nè a comprendere la sua diversità, anzi, tendono da subito a sminuire quelli che sono i suoi sentimenti. In una frenetica alternanza di confronti tra le due parti, momenti di sconforto e sogni di mondi possibili proiettati direttamente sulle mura della cameretta, si concretizza una sorta di rovesciamento delle parti, attraverso il quale Alex educherà e condurrà progressivamente i genitori all'accettazione della sua “non conformità”. Questi giungeranno così al riconoscimento della sua identità multiforme, colta nel suo essere fonte di ricchezza e non motivo di disagio. La messinscena giocosa e il registro "fanciullesco" rendono unica la trattazione di una tematica di grande portata, fondendo al suo interno profondità e leggerezza. A dispetto di critiche e proteste, dunque, questo spettacolo riesce pienamente a scrollarsi di dosso l'accusa di deviare l'individualità degli spettatori più piccoli e a dimostrare quanto invece favorisca una serena ricerca della propria identità di genere.


postato da Koreja il gio 21 novembre 2024 alle 11:04 - Commenti(0)


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