"FEDELI D'AMORE": per guardare ciò che è dentro
di Ida Barbalinardo
foto Alice Stella
Parte di un itinerario iniziato nel 2017 al "Ravenna Festival" con "Inferno", "Fedeli d'amore" del Teatro delle Albe è un'ulteriore dimostrazione di quanto i versi del Sommo Poeta siano attuali ancora oggi e quanto mai essenziali. Tramite le parole di Marco Martinelli, infatti, questo spettacolo si configura come un vero e proprio percorso attorno a Dante e al nostro presente, dentro e fuori i suoi testi. Un percorso che, guidato dalle mille voci che popolano il corpo di Ermanna Montanari, si compone di sette quadri con sopra titoli che accompagnano lo spettatore nelle asprezze del dialetto romagnolo. Alla stregua di tappe di un viaggio, i quadri evocano momenti, personaggi e tematiche molteplici, unendo realtà, attualità politica a spiritualità: immerso in un'atmosfera surreale, il pubblico viene trasportato tra le immagini di Dante sul letto di morte (che s'interroga, a suo stesso dire, sul suo scrivere) e i ritratti di un'umanità corrotta, inghiottita dalle logiche del potere e del capitale, giungendo, infine, all'espressione di un messaggio d'amore necessario in tempi duri come il nostro.
Fulcro dello spettacolo è Ermanna Montanari: vestita di nero, il viso incorniciato da un caschetto liscio e scuro, in piedi, dietro ad un leggío, abita magistralmente la scena riempiendosi delle parole del testo e quasi trasformandosi al principio di ogni quadro. Sullo sfondo, ad accompagnarla nel suo mutare, c'è Simone Marzocchi con la sua tromba: appena visibile dietro ad un reticolo di luci, intesse un dialogo costante con i gesti, il corpo e le voci dell’attrice. Le musiche, che fanno da tappeto sonoro, sono di Luigi Ceccarelli e riempiono ogni angolo della scena e dell’anima dello spettatore, lasciandola traboccante.
Il suono e la luce appaiono come veri e propri attori per la loro potenza drammaturgica.
Nella fusione delle mille voci con le melodie, con i rumori assordanti dalla tromba e i continui giochi e cambi di luce, lo spettatore respira un’amalgama di emozioni, che lo scuotono e, allo stesso tempo, lo atterriscono. Tutto si fa drammaturgia. La luce riesce a portare porzioni di vita e di mondo reale, mescolandole al mondo onirico e rarefatto di una memoria quasi ancestrale. Ogni elemento è un contrasto simultaneo. Ed è discesa, profondità. Guardando una forma o un colore in scena, l’occhio dello spettatore confonde e si confonde; intravede appena lo spazio circostante traendone sensazioni di disturbo, di immersione o di illusione. I colori scuri avanzano, mentre i chiari retrocedono fino a scomparire mescolandosi ai rossi e ai blu; i suoni si fanno taglienti e sovrappongono ad una musica diffusa o morbida, ad accompagnare la narrazione, i toni e i colori della voce. Le superfici della scena e del racconto sono opache e scabre; a volte diluiscono le ombre. Altre volte le creano e le amplificano. Un responso emotivo composito, con cui bisogna, inevitabilmente, fare i conti. Qui la luce serve per "guardare" più che per "vedere". Guardare ciò che è “dentro”: dentro i personaggi, dentro il testo, dentro la scena, dentro il corpo. Dentro noi stessi. Forse "Fedeli d'amore" è proprio questo: un'occasione per sbattere in faccia allo spettatore e a questo tempo grigio la mediocrità, la violenza, l'egoismo, la presunzione che li contraddistingue, tramite il teatro e l’arte tutta. Ma anche la speranza di ritrovare, attraverso la memoria di un poeta profugo, la "diritta via". Sicuramente, è una storia d’amore.
postato da Koreja il gio 14 novembre 2024 alle 02:59 - Commenti(0)
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