gio 02 agosto 2018 - ore 15:38

La delicatezza del poco e del niente: diario di un’emozione speciale



di Ida Barbalinardo
"Giuro che questa terra non sta per finire giuro che io sento a volte una gioia così grande, giuro che la gioia esiste, che esiste e io la sento, e giuro che non mi lascerò intristire da nessun piagnucoloso profeta da nessun artista che mercanteggia col dolore, da nessuno che scorrazza nel sangue e me lo spiega da nessun imbonitore con le parole soffocanti. Giuro che io salverò la delicatezza mia la delicatezza del poco e del niente del poco poco, salverò il poco e il niente il colore sfumato, l'ombra piccola l'impercettibile che viene alla luce il seme dentro il seme, il niente dentro quel seme. Perchè da quel niente nasce ogni frutto. Da quel niente tutto viene."

Chiesa di Santa Caterina, Specchia: arrivo in largo anticipo e mi posiziono immediatamente dinanzi all'entrata, ansiosa di riuscire a guadagnare i posti in prima fila. Programma di sala alla mano, riempio l'attesa lasciandomi trasportare da queste bellissime parole di Mariangela Gualtieri introdotte dal breve testo di Roberto Latini sull'incontro in cui si è concretizzato il progetto di questo concerto poetico. Scrive Latini cha la poetessa cesenate, gli fece dono dei suoi versi in un campo colmo di lucciole. Le lucciole provo a figurarmele nella mente, io che in 23 anni di vita non le ho mai viste. E l'immagine di queste due splendide anime immerse nella natura e nel suo luccicare indistinto, mi porta in una dimensione immaginifica, quasi onirica, trascendentale, che contribuisce a rendere ancor più trepidante l'attesa. Parallelamente a questo tripudio di emotività però, si insinua in me una sensazione simile al senso di colpa: non avendo mai visto Latini in precedenza, non conoscendo i suoi lavori e il teatro in toto, ma essendo semplicemente una persona che muove i primi passi in questo mondo affascinante, sento di non essere totalmente legittimata a provare una così forte emozione. Mi interrogo quindi, scavo dentro me stessa cercando una "giustificazione" a questo mio sentire. Riuscirò a darmi una risposta soltanto a spettacolo terminato: per chi, come me, vive il teatro e ogni sua manifestazione come un atto d'amore da assimilare in ogni sua particella, è inevitabile provare determinate vibrazioni dinanzi alla possibilità di incontrare due personalità tanto importanti, l'una concretamente, dal vivo e l'altra tramite i suoi versi.

Ad ogni modo, finalmente giunge l'ora di entrare: mi dirigo rapidamente verso la prima fila e riesco nella mia "impresa". Davanti a me ci sono soltanto pochi scalini e l'essenziale per lo spettacolo: un leggio e due microfoni. Due microfoni, perchè? Mi chiedo, ma lo capirò solo successivamente. Avvolto dalla luce calda che illumina l'altare, arriva Latini. Vestito di bianco e con i piedi scalzi, si muove verso il leggio con la leggerezza di una piuma. Il bianco. Il contatto con la terra. Sono attimi. Silenzio. Il fiato sospeso della sala viene spezzato dopo qualche istante dall'irruenza della sua voce graffiata, ruvida, dura. Il suo corpo e l'impianto di amplificazione si fondono in una danza sinuosa scandita dal ritmo che associa ai versi della Gualtieri. Un ritmo incalzante, dirompente; una variazione continua della modulazione vocale, una quasi periodica alternanza di toni alti e bassi, di acuto e grave, di maschile e femminile: sono queste le componenti principali della performance, associate a una selezione di testi che si connotano quasi totalmente per caratteristiche opposte. La poesia di Mariangela Gualtieri è viscerale, naturale, al limite tra la realtà e l'immaginazione senza alcuna pretesa, però, di astrazione o di esercizio stilistico fine a se stesso. Al contrario, i suoi componimenti sono prova della sua fedeltà a se stessa, alla sua umanità, al suo vissuto e alla concretezza del quotidiano. Il linguaggio non è propriamente aulico, ma scarno di virtuosismi, spontaneo e arriva dritto. Segna, commuove, taglia. Evidenzia la bellezza che è in ogni cosa, esalta la delicatezza insita nella semplicità. La delicatezza del poco e del niente. La naturalezza di questi frammenti si scontra con il registro che utilizza l’attore durante la performance, enfatico, crudo, irruente. E questo attrito tra due componenti divergenti mi regala una sensazione di smarrimento, di turbamento quasi, che forse, mi dico, era cercata. Questo incontro e l'emozione che si è portato dietro per giorni, rimarranno incastrati fra la mia anima e la mia memoria in maniera indelebile.


postato da Koreja il mar 03 dicembre 2024 alle 17:45 - Commenti(0)


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