Fra poesia e raffinato amore carnale, Shakespeare secondo Valter Malosti
di Annarita Risola
Foto Alice Stella
22 Febbraio 2019
È all'interno di un Teatro come Koreja, che di tanto in tanto avvengono magiche alchimie.
Correnti creative prodotte da parole, suoni, movimenti.
Il tutto intrecciato e ben dosato, senza mai andare oltre e senza mai ingannare.
Mettendosi a nudo esternamente e interiormente, vietando falsi pudori, raccontando il mondo dal profondo e lasciando spazio ai sentimenti che non finiscono mai di travolgerti.
Uomini dalle sane pulsioni, intrappolati nel giudizio altrui.
Ma quando il tempo ha alterato il proprio aspetto esteriore, come evitare di rendersi ridicoli ai propri occhi e a quelli degli altri?
L'unico espediente forse è la poesia.
Al centro del proscenio seduto e immerso nella lettura dei suoi versi è lo stesso Shakespeare (E. Serra), che sarà il nostro punto fermo per tutto lo spettacolo.
Alle sue spalle sulla destra e sulla sinistra, all'interno di piccoli spazi ben distinti, rispettivamente un giovane ragazzo vestito di bianco e una donna dall'ampio vestito nero.
Entrambi esprimono col corpo il ritmo dei versi declamati con estrema raffinatezza.
Ma chi catalizza l'attenzione è lui, il buffone (V. Malosti) che plasma la sua voce ai suoi stati d'animo, a volte come se percuotesse un tamburo, altre come se sussurrasse al vento.
Elegante e' l'ingresso in scena della Dark Lady (M. Lucenti), che dopo aver mangiato con famelica voluttà la mela rossa posta sin dall'inizio ai piedi del proscenio, canta con sicura bravura "Cosa sono le nuvole", squarciando il cuore, creando l'illusione dell'amore e mettendosi letteralmente a nudo, forse solo per attrarre a sé il suo uomo i cui desideri amorosi sono ormai dirottati verso nuovi confini.
Lo specchio appeso, che riflette e fa riflettere sull’amore, sulle fragilità e sulle debolezze dell'uomo, calato dall’alto fino a toccare il pavimento, diventa talamo quando con plastica ed emozionante danza, il giovane ragazzo (M. Spinetta) e il poeta rivale (M. Camilli), simulano un amplesso.
I loro corpi sono completamente nudi ma vestiti di una delicata complicità.
Cosa rimane di tutto ciò quando colui che declama si spoglia dei suoi panni lucenti e ritorna ad essere io narrante?
Rimane il sogno, l'illusione e quell'amara malinconia che la vita lascia sul finire dei suoi anni.
Così noi, risvegliati dall'assenza della luce, anch’essa protagonista della scena, dal lungo e scrosciante applauso, ci congediamo, ubriachi di parole e sazi di poesia.
postato da Koreja il gio 21 novembre 2024 alle 11:03 - Commenti(0)
scrivi un commento
|