Le case speciali delle ragazze e dei ragazzi. Che fare? Una domanda senza scadenza.
di Gigi Mangia
Quali sono le case speciali? Il teatro, la scuola, la famiglia, il quartiere, la biblioteca, i musei e perché sono speciali?
Sono luoghi, questi, dove si apprende la lingua e le parole da usare come utensili del pensiero e della creatività: per conoscere, per scoprire e trovare l’Altro, per essere promotore di relazioni sociali ed affettive, per essere capace di progettare insieme. Io con te, tutti insieme. Sono i luoghi dell’io, della crescita, della formazione socioaffettiva, della ricucitura dei passaggi e del tempo della crescita di un adolescente.
Che fare, per un teatro come Koreja, che cerca l’uomo, segue e memorizza le impronte del suo cammino, sente il bisogno di ascoltare i maestri per poi giocare a carte scoperte, senza barare, la partita della lotta alla povertà educativa dei nati digitali, nonostante il ritardo della politica e i limiti della pedagogia?
Goffredo Fofi, maestro di strada, nel dibattito non nasconde il suo pessimismo pedagogico verso le università e ricordando un altro maestro, don Milani, propone una nuova lettera ad una professoressa nuova nei valori sociali e morali come risposta “all’Io minimo” senza dimenticare la lezione di Antonio Gramsci: “del pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà”. L’educazione per Fofi, continua ancora a generare l’uomo del terzo millennio.
Per Livia Pomodoro, intellettuale di formazione giuridica, prima presidente del Tribunale dei minori - periodo in cui ha contribuito a scrivere il codice dei diritti minorili - e poi presidente del Tribunale di Milano ha avuto l’esperienza e la possibilità di conoscere la povertà dei grandi e dei piccoli. Per Livia Pomodoro la Costituzione è la carta ancora valida per affrontare la grave crisi dell’adolescenza perché nei suoi principi si possono trovare le vere risposte alla crisi dei nati digitali. La giurista sottolinea anche quanto la vita sociale è lontana dalle leggi: per capire e risolvere i conflitti, sono sempre necessarie le leggi, ma bisogna guardare al mondo della sofferenza e della povertà per capire quello che lo Stato e tutte le agenzie hanno il dovere di dare come risposta. Il teatro per lei è un utile osservatorio e più ancora un presidio di educazione che attraverso la cultura può portare il preadolescente a superare la povertà educativa e avere una possibilità di riscatto; la cultura infatti è leva di libertà. Un montaggio video e le storie raccontate da Carlo Durante e Giorgia Cocozza, attori di Koreja hanno restituito l’esperienza portata avanti da Koreja in questo primo anno di progetto. Un diario di pagine riempite di volti disorientati che chiedono di essere accolti, di avere la parola, di contare nella vita. Così per loro, il teatro è vissuto come una strada di liberazione, una meta del proprio io, un raggiungimento di prospettiva del proprio futuro.
La politica è ancora lontana, non sa che fare e continua a delegare il compito della formazione del cittadino, rinunciando al suo e risultando così debole nella lotta contro le povertà educative. Il teatro Koreja e il teatro No’hma di Teresa Pomodoro sono due teatri in due città diverse per geografia sociale economica e culturale, lontane mille chilometri fra di loro: Milano in Europa, Lecce nel Mediterraneo del sud d’Europa. I due teatri però hanno in comune il sentirsi e l’essere teatro, di ricerca, di sperimentazione di interessi internazionali. In comune hanno anche la visione del conflitto e dell’origine delle povertà educative secondo l’orizzonte non del quartiere, ma della società globale. I due teatri sono allineati nella lotta contro la banalità del male di ritorno pericoloso e liquido, senza frontiere, capace di avvelenare la politica e portare indietro l’orologio dei diritti universali dell’uomo. Il teatro è speciale quando sa essere casa della cultura, ospitalità della conoscenza, promozione del pensiero. Che fare è una domanda senza scadenza.
postato da Koreja il gio 05 dicembre 2024 alle 17:41 - Commenti(0)
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