L’amore avvolgente, bramato, tradito, maledetto, non corrisposto, incestuoso e l’attualità di Ovidio
di Annarita Risola – Palchetti Laterali, Università del Salento
Quanto senso trova nell’oggi un grande classico? Come il mondo antico può assumere significati nel nostro presente liquido? La letteratura latina, un autore quale Ovidio, la mitologia greco-romana possono confrontarsi con le problematiche odierne?
Sotto l’egida dell’amore avvolgente, bramato, tradito, maledetto, non corrisposto, incestuoso, c’è sempre attualità.
E a confermarlo sono le sei donne protagoniste di questo spettacolo dal titolo Heroides- Lettere di eroine del mito dall’antichità al presente - Giorgia Cocozza, Angela De Gaetano,Alessandra De Luca, Emanuela Pisicchio, Maria Rosaria Ponzetta, Andelka Vulic.
Ridono, chiacchierano, si muovono nello spazio.
Curiose, vestite di bianco, si guardano intorno come a respirare il mondo e poi, spaventate da un suono stridulo, si raggruppano al centro del proscenio, svelandoci una sedia piena di indumenti, appartenenti forse allo stesso Ovidio.
Lentamente, ciascuna ne prende uno.
Una camicia rossa, un paio di pantaloni, una cravatta, un lungo cappotto nero, un paio di stivali e un elmo da scherma.
Le attrici, tutte, vestono da sposa (costumi di Enzo Toma), ma sono abiti senza un riferimento temporale.
Lo spettacolo, ispirato dalle Eroidi, una raccolta di epistole immaginarie, composte da Ovidio tra il 25 e il 16 a.C., non ci intrappola in una precisa epoca.
Sembrerebbe infatti voler raccontare storie di donne comuni, benché le donne si presentino come dee e solo una come ninfa.
La ipnotica forza dei movimenti, morbidi e ritmati, catalizza l’attenzione al centro del proscenio, dove, disegnati sul pavimento, appaiono solo ora, quattro segmenti incidenti e perpendicolari, che prendono vita (disegno luci di Loredana Oddone), facendo corpo unico con le protagoniste e definendosi magicamente come un fiore rosso.
Ma il centro cos’è, un punto a cui tendere o dal quale partire?
In questa cornice, le donne iniziano a presentarsi e, al loro nome, aggiungono quello del personaggio che portano in scena: Medea, Fedra, Fillide, Arianna, Canace ed Enone.
Raccontano storie di abbandono e di dolore, di sentimenti lacerati e di speranza.
Sì, di speranza, quella che le donne, nonostante tutto, non perdono mai, perché nutrono sempre il desiderio di poter essere amate.
Sono dunque donne che sanno aspettare e perdonare.
Forti i sentimenti palesati nei -quadri flash- che trattano di “ violenza sulle donne”.
Sulla scena appare evidente la complicità delle attrici, che rivelano non comuni doti interpretative e vocali.
L’idea, che la regista Elena Bucci (con la collaborazione drammaturgica di Marco Sgrosso), ha avuto, dando loro la possibilità di scegliere il personaggio e di spiegarlo, attraverso una personale elaborazione drammaturgica, si rivela efficace.
Tante le canzoni proposte, alcune eseguite dalle stesse attrici dal vivo, che regalano momenti di leggerezza e di riflessione.
Tre, quelle che ascoltiamo, dalla registrazione dell’intramontabile voce di Mia Martini “ Minuetto”, “ Padre davvero”, “ E non finisce mica il cielo”-
Inutile sottolineare il perché di questa scelta.
Lo spettacolo è scandito dalle suggestive esplorazioni sonore del Maestro Giorgio Distante, che è lì, sulla destra sul fondo del palco, dove si colloca sin dall’inizio, entrando per primo.
Sempre in scena, in penombra, poche volte illuminato, quasi a doverne scoprire ogni volta la presenza.
La sua musica ci accompagna, ci rassicura, ci inquieta e, come un filo intrecciato alla trama drammaturgica, alla fine si spezza. Il Maestro si palesa, mettendosi in piedi e regalandoci un’immagine degna di una fiaba.
Lui che suona e le fanciulle che lo seguono...“ Perché è per sempre, che s’insegue l’amore”.
postato da Koreja il gio 21 novembre 2024 alle 18:42 - Commenti(0)
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