“VIAGGIO AD AUSCHWITZ A/R”: settantasei parole per raccontare la Memoria
Di Beatrice Galluzzo
Chi dice che la distanza sia solo una misura geografica e spaziale, sbaglia. La distanza è un vuoto, è una mancanza, è una lontananza misurabile in chilometri stradali, di certo, come in chilometri emotivi. Gimmi Basilotta, evidentemente, è un uomo che crede che le distanze vadano colmate. Anche a costo di partire da Cuneo per arrivare in Polonia, ad Auschwitz, a piedi. Basilotta nel 2011 ha deciso di ripercorrere la strada che suoi ventisei concittadini di religione ebraica percorsero settantacinque anni addietro, prima di essere internati in un campo di concentramento che ne avrebbe ingoiato i volti e i nomi. “VIAGGIO AD AUSCHWITZ” è il racconto di quello che succede quando un uomo decide di mettere i piedi uno davanti all’altro per circa due milioni di volte.
Il viaggio intrapreso da Gimmi e dai suoi compagni è un elogio alla lentezza che, bistrattata dai cultori della frenesia moderna, dimenticata o relegata nell’angolo polveroso destinato alle abitudini dei tempi andati, viene riscoperta e accarezzata come un libro dalle pagine ingiallite e dalla saggezza millenaria. Quando si va piano, si ha il tempo di concimare il terreno da cui germoglia la riflessione. Gli intrepidi protagonisti del viaggio raccontati da Basilotta, hanno raccolto settantasei parole, una per ogni giorno di viaggio. Sono nate camminando, e sono state colte come fiori agli angoli delle strade. Una dopo l’altra, raccontano l’avventura di oggi e la memoria di ieri, che si sovrappongono nel tracciato della strada percorsa.
Basilotta ne ha fatto dono anche al pubblico, stampandole su dei foglietti e distribuendole una per una. Durante lo spettacolo le riprende e ne spiega il significato profondo. “VIAGGIO AD AUSCHWITZ” è un’opera partecipativa, è un racconto che non rimbalza su un vetro invisibile posto tra l’attore e lo spettatore, ma fluisce liberamente. La volontà profondissima di comunicare permea la narrazione e conferisce ad essa la vitalità, la franchezza e il calore del racconto tra amici.
Alla fine di tutto, come raccontato dal protagonista, c’è l’arrivo. Per infiniti piccolissimi passi, Gimmi e i suoi compagni hanno raccolto pietre, parole, stanchezza, pioggia, dubbi e consapevolezze. A Birkenau, campo di concentramento a pochi chilometri da Auschwitz, hanno piantato un albero di betulla. Con le manciate di terriccio raccolte durante il viaggio, hanno creato la sua piccola culla cosmopolita. Crescerà lì, in un luogo funereo di orrore e infamia, rigoglioso simbolo di rinascita storica. Basilotta ha chiuso il cerchio, si è ricongiunto alla storia di quei ventisei ripercorrendone il medesimo tragico viaggio ma con un nuovo epilogo, fatto di speranza e memoria. In questo circolo di rimembranza condivisa ci siamo anche noi, a ricevere il racconto e le storie di tutti coloro che, settant’anni fa, dai campi di concentramento non tornarono più. “VIAGGIO AD AUSCHWITZ” ce li ricorda con delicatezza e poesia, e ne riscatta la memoria, consegnandola al nostro presente.
postato da Koreja il gio 21 novembre 2024 alle 17:57 - Commenti(0)
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