lun 27 novembre 2017 - ore 14:03

Alessandro Leogrande



Alessandro Leogrande è parte della famiglia Koreja.
Era un uomo, uno scrittore, un intellettuale di rara bellezza e forza.
Sapeva usare le parole per muovere i cuori. Era coraggioso nel suo lavoro, attento e minuzioso.
Ha dato voce a quanti non ne hanno avuta, senza mai smettere di interrogarsi.
A noi da oggi manca la sua voce e la nostra è spezzata e senza parole.
Per noi il tempo passato insieme è stato un onore, una forma di amore.
Grazie Alessandro, sarai sempre parte di questa famiglia.




La vita la puoi vivere, o puoi solo fare finta.
Alessandro Leogrande l’ha vissuta davvero. Il suo lavoro era una missione di pace, il suo lavoro voleva cambiare il mondo.
Quello di Koreja lo ha cambiato con le sue parole, lavorando con noi al testo di un’opera, la Kater I Rades – il Naufragio, che è stata, com’era nello stile di Alessandro, un’impresa coraggiosa e riuscita.
Avevamo ricevuto una commissione da parte della Biennale di Venezia: dovevamo progettare un’opera. Musicalmente abbiamo avuto l’intuizione di coinvolgere Admir Shkurtaj, compositore anche lui coraggioso e visionario, ma serviva un librettista. Il Naufragio, il libro di Alessandro sulla motovedetta albanese speronata al largo delle coste di Otranto nel 1997, è un testo potente, corrosivo, e allo stesso tempo dotato di una forma poetica rara. Lui scriveva così. Incontrava le persone, le guardava negli occhi, si concedeva e concedeva ai suoi interlocutori il privilegio dell’attenzione, della cura, la dote del tempo da donare. Non aveva tempo Alessandro, impegnato com’era in molte battaglie, eppure sapeva ascoltare, minuziosamente. La sua scrittura, anche se reportistica e documentata, era allo stesso tempo epica. Una sorta di epica moderna, che racconta di viaggi sventurati e degli ultimi al mondo, con grazia, con rispetto, senza eccedere mai in patetismi troppo facili.
Così, abbiamo azzardato l’incontro tra Alessandro, Admir e Koreja.
Alessandro, che era coraggioso e curioso, ha accettato di farsi librettista.
Ha scritto pur sapendo di non essere un librettista d’opera.
Ha ridotto il suo libro in poche righe, in versi anche non chiari da un punto di vista dell’ascolto, ci ha infilato dentro frasi in albanese.
Ha avuto la passione e l’umiltà di piegare, stirare, ridefinire le sue parole per il bene dell’arte, perché anche chi non aveva letto il suo libro potesse sapere qualcosa in più. Perché tutti potessero sapere, ecco per chi scriveva Alessandro. Ci siamo chiesti cosa volessimo evidenziare di un libro intero perché il suo messaggio restasse inalterato in un’opera di cinquanta minuti. Ci siamo anche guardati con sospetto, non sapendo bene dove stavamo andando. È stato un lavoro lunghissimo, molto minuzioso, più volte abbiamo rivisto la partitura musicale, la scrittura e la regia e spesso ci dicevamo: “Ma che stiamo facendo?” Stavamo lavorando nell’unico modo in cui siamo capaci, mettendoci dentro la vita stessa. Il 12 Ottobre 2014, il giorno della prima al 58° Festival Internazionale di Musica Contemporanea della Biennale di Venezia eravamo tutti, semplicemente, emozionati. Consapevoli di stare in un luogo massimo della musica, del teatro, dell’arte, avevamo anche la consapevolezza che ci fossero persone di teatro molto importanti. Alessandro è parte della famiglia di Koreja anche per questo suo modo di essere, timido ma puntuale, coraggioso ma non prosaico. Ci siamo scelti, come spesso capita in questo lavoro, perché per farlo davvero questo lavoro, bisogno scegliere di rinunciare anche un po’ a sé. La sera dopo la prima a cena Alessandro, Salvatore, Admir, si sono trovati con Paolo Baratta, il Presidente della Biennale di Venezia e Ivan Fedele, il Direttore della stessa. Una situazione molto imbarazzante, una di quelle in cui dire le cose giuste e ridere al momento giusto, eravamo in uno di questi ristoranti di notte a Venezia. Con Alessandro ne abbiamo riso molto, dopo, pensando a quanto fosse strano trovarci in mezzo a queste persone, in un luogo quasi sacro ed essere, comunque, noi stessi.
È forse scontato dirlo, però va detto. Eravamo continuamente pieni di idee e di progetti. Da qualche tempo cercavamo le condizioni economiche per fare un nuovo lavoro, volevamo ripetere la formula, la magia della Kater.
La magia poi la fanno le persone, la fa la dedizione delle persone che ci credono veramente: la formula dice che con la tua scrittura, il tuo teatro e la tua musica, devi provare a cambiare il mondo. Stavamo lavorando sui dittatori e sul potere.
Alessandro aveva la cura delle cose. Era attento, disciplinato, le sue parole erano precise eppure fantastiche, possedeva il significato delle parole, il loro senso profondo. È quello che manca a noi oggi, un senso.
Le sue parole, il suo lavoro, però, restano. Noi le abbiamo tatuate in ogni angolo di questo teatro, le abbiamo sotto pelle, le sentiamo ancora:

"Si affollano i sommersi e i salvati, chi è sopravvissuto e chi è scomparso, le loro voci, i loro pensieri, e soprattutto il loro viaggio verso il buio, pieno di grandi ansie e piccoli desideri, sogni e paure, digressioni, apparizioni, improvvise rammemorazioni."

Alessandro Leogrande

Grazie Alessandro.
Teatro Koreja


postato da Koreja il gio 21 novembre 2024 alle 18:20 - Commenti(0)


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