Rumore di tamburi, uomini dai volti di cartapesta alti tre metri e oltre, costumi sgargianti, bandiere...Sono i segnali della parata che arriva, così la gente si prepara a camminarle dietro. Poi uno stop: tutti in cerchio, c'è un combattimento tra giganti, o una corsa sfrenata, o un difficile equilibrio da mantenere. Ma già si ricomincia.... Una parata è sempre per il pubblico l'incontro con elementi di straordinarietà, e quindi con una sorta di meraviglioso che entra nel nostro contesto quotidiano - nelle nostre strade o case, per portare cose insolite. E va a toccare alcune delle più segrete corde del nostro sentire: la sorpresa, il coinvolgimento...Per l'attore, la preparazione di uno spettacolo così particolare, è l'occasione per misurarsi col proprio mestiere e con un pubblico nuovo. Deve fare i conti col proprio mestiere perché deve eventualmente apprendere nuove tecniche (suonare, camminare in equilibrio sui trampoli) che utilizzare diversamente strumenti consueti (come la voce). Deve poi tentare la comunicazione con gente non abituata al teatro e in un contesto estraneo, fuori dall'edificio e dai riti del teatro: deve, quindi, porsi questo problema di approccio, e tentare di risolverlo. Questa parata si inserisce scenograficamente nella recente tradizione italiana per alcuni aspetti (uso dei trampoli, delle percussioni, della musica...), e ne rispetta per così dire, la scansione classica: richiamo, trasferimenti, soste per le scene. Nasce da un'idea "intorno a" un racconto di Gabriel Garcia Marquéz (L'incredibile e triste storia della candida Erendira e della sua nonna snaturata), e questo spiega la scelta di usare costumi allusivamente sudamericani. Ma se ne è distaccata progressivamente, proprio per quel processo naturale che è una componente del nostro lavoro artistico, e che ha portato nel tempo a privilegiare certi aspetti e ad accantonare scelte fatte in precedenza. Oggi questo è uno spettacolo molto agile, dai meccanismi oramai consolidati, parlato in un dialetto maccheronico simile a una sorta di grammelot che lo rende comprensibile a tutti. Un dialetto come linguaggio nostro che ci consente delle complicità e delle fughe nel "modo di dire" che è spesso battuta comica. E infatti questa parata - se, come detto in apertura, si inserisce nella tradizione italiana - presenta alcuni aspetti non consueti, e prima fra tutti quella voglia di divertire e di divertirsi, di giocare pur se con il massimo rigore interpretativo, che trasforma questo spettacolo dal racconto di una storia in un incontro - festa col pubblico.
FIESTA è uno spettacolo itinerante che trasforma le strade in una festa di ambiente sudamericano. Ritmi di tamburi, personaggi alti tre metri con volti di cartapesta, colorati costumi rattoppati, bandiere e fischietti, fuochi... FIESTA si avvicina, la gente si prepara a seguire la allegra e fantasiosa parata. Improvvisamente, uno stop: gli spettatori si mettono in cerchio per assistere al combattimento tra un bandito e l'innamorato di Erendira, duello seguito da una corsa scatenata fatta di salti e danze acrobatiche su trampoli... Poi, tutti avanzano di scena in scena: in un insieme onomatopeico di lingue gli attori raccontano delle piccole storie burlesche, fra le quali quella di un drammatico naufragio, quella del turbolento appuntamento di quattro innamorati, quella di Erendira maltrattata e umiliata dalla nonna per aver incendiato la casa dei padri. Diversi canti popolari e della tradizione anarchica italiana vengono accompagnati dalla fisarmonica e commentano l'azione. E pian piano, la città cambia faccia prestandosi alla sua nuova funzione di scenografia del teatro.
|