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Caro Stefano, sono passati venti anni da quando sei partito. Quel giorno,tutti noi, ti aspettavamo e pensavamo che la sera saremmo andati insieme,come facevamo sempre, a fare quattro salti in discoteca. Te ne andavi spesso,sopratutto dopo le nostre partite di calcio.Ma poi tornavi. Ci chiedevamo dove andavi, ma poi sicuri del tuo ritorno non ci preoccupavamo. Mi ricordo quella volta che io insieme agli altri compagni ci eravamo tinti la faccia ed eravamo come dei mori. Quando sei tornato ci trovasti nella stanza buia che ti aspettavamo. Tu quando ci vedesti tutti tinti,che si vedeva solo il bianco dei denti,mi chiedesti: "ma chi sei tu?"."Io, sono io" ti risposi. E allora riscaldasti una pentola d'acqua e mi lavasti. Più mi lavavi più il catrame tingeva. Ora sogno spesso quella faccia nera e al suo confronto la vita mi sembra più triste e noiosa. Così quando il sabato sera vado a ballare mi faccio sempre un segno nero sulla fronte. A proposito ho saputo che eri molto, molto arrabbiato con tutti noi per quella partita che dovevamo vincere. Caro Stefano, ti voglio assicurare che la partita, grazie a te, non l'abbiamo persa.