Lo hanno definito il secondo Rinascimento, il Novecento, il secolo breve cominciato nel 1914, con la carneficina della prima guerra mondiale e finito nel 1989, quando i giovani berlinesi buttarono giù a colpi di unghie il muro che spaccava in due l'Europa. Il secolo in cui si contrapposero frontalmente quelli che massacravano in nome del comunismo e quelli che massacravano in nome del nazismo. Il tempo magnifico dell'avvento del cinema e della fotografia, di Pablo Picasso e di Andy Warhol, del rock suonato allo stremo innanzi a fanciulle che accavallavano le gambe a valorizzare le minigonne create da Mary Quant. Il tempo in cui nacque e si diffuse la stampa a rotocalco, e più tardi quel computer e relativa comunicazione virtuale che l'hanno messa a morte. Un secolo da cui è impossibile traslocare per quanti ebbero vent'anni negli anni Sessanta. Giampiero Mughini era uno di quei ventenni e del Novecento porta per sempre le stimmate dolorose e inebrianti. In una sorta di faccia a faccia con Lev Trockij, Brigitte Bardot e le altre cattive ragazze, i grandi autori del design italiano, gli eroi e le canaglie della Parigi occupata (un capitolo che fa da libro a sé), il suo è un viaggio a spiegare territori e protagonisti apparentemente lontani.
Proseguendo la sua personale Recherche del tempo perduto, con "Addio gran secolo dei nostri vent'anni" Giampiero Mughini ha regalato al pubblico attento dei suoi lettori un saggio sui miti e detriti del Novecento. Mai banalmente passatista, e però consapevole dell'avvilimento di sogni e speranze collettivi, l'Autore racconta le passioni di tempi in cui i confronti e le discussioni avevano un respiro e una profondità che non si esaurivano nello spazio di uno scambio di tweet. Giornalista, saggista, personaggio televisivo criticato e amato, ma soprattutto bibliofilo accanito (uno dei suoi libri più belli si chiamava "Il bibliofolle"), da poco in libreria anche con il nuovo "Una casa romana racconta", in questo "Addio" al secolo scorso Mughini fa il ritratto pensoso e godibile di un mondo che forse non c'è più o forse c'è ancora, e che sempre parte da o ritorna alla sua Catania, quella "Milano del Sud" degli anni Sessanta (la "raggiante Catania" di una Carmen Consoli d'annata) che oggi si stenta a riconoscere.
Vittorio Gaeta
LE DATE DELL'EVENTO
21 dicembre 2013, ore 18:00 - Lecce, Cantieri Teatrali Koreja |