"Tanti anni fa in terra di Germania viveva un uomo a nome Michele Kohlhaas. Era allevatore di cavalli e come lui lo erano stati il padre e il nonno...". Comincia così l'affascinante racconto di Marco Baliani, nativo di Verbania, professione "raccontatore di storie".
Attore, regista e drammaturgo tra i più originali nel panorama teatrale italiano. Baliani, solo sulla scena, seduto in una sedia, vestito di nero, per circa 90 minuti, incanta un pubblico di ogni età, narrando la storia realmente accaduta, nella Germania del 1500, di un mercante di cavalli, vittima della corruzione dominante della giustizia statale. La spirale di violenza generata dal sopruso subito dal protagonista offre lo spunto per una riflessione sulla questione della giustizia e sulle conseguenze morali che la reazione dell'individuo all'ingiustizia può comportare. Baliani, attraverso la sua mimica, la sua gestualità, riesce a coinvolgere anche lo spettatore più distratto, facendogli immaginare i cavalli del protagonista, le sue paure, la sua sete, la sua vana attesa di giustizia e la decisione finale di scegliere il cappio di una forca. Perfetto come "raccontatore di storie", supportato dalla sua mimica ed espressività, frutto di uno studio attento, Marco Baliani da un saggio di teatro di narrazione, trasformando lo spettatore in ascoltatore e con allusioni, mette a confronto la vicenda di Kohlhaas con i temi sanguinosi più recenti. "Kohlhaas", scritto a quattro mani con Remo Rostagno nel 1990, è ormai uno spettacolo "cult", con centinaia di rappresentazioni, amato da pubblico e critica.
"E' stata una sfida bella e difficile trasferire in narrazione e parola orale un universo così lontano e complesso come quello della parola scritta di Kleist. Con Remo Rostagno, ci siamo messi alla ricerca di una nuova forma ove far precipitare l'anima della vicenda, che fin dall'inizio ci aveva affascinato. Le domande senza risposta, che solleva la storia di Kohlhas (cos'è la giustizia, quella umana e quella divina, e come può l'individuo ricomporre l'ingiustizia) fanno parte profondamente dei percorsi della mia generazione, quella segnata dal numero di riconoscimento ‘68."
In Kohlhaas, Baliani, pur non alzandosi mai dalla sedia, inventa galoppi e battaglie, assedi e mercati, evoca sentimenti d'amore e di pieta', di odio e di disperazione, di orgoglio e di rassegnazione. E questo si realizza perchè, accanto all'affabulazione della voce, vive, perfettamente integrato, un linguaggio visivo i cui codici fantastici, prendendo quasi la valenza di simbolo, risultano, nello svilupparsi del racconto, sempre immediatamente riconoscibili.
Baliani, con la sua gestualità epica e raffinata, costruisce una grammatica ed una sintassi spaziale dove ogni minimo movimento si amplifica in una dinamica carica di risonanze. Uno spettacolo affascinante, una performance eccellente che ha sempre incontrato il favore del pubblico [...] Magda Poli - CORRIERE DELLA SERA
LE DATE DELL'EVENTO
07 aprile 2011, ore 20:45 - Lecce, Cantieri Teatrali Koreja |